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Ciao ciao Pirelli

pirelliChina National Chemical Corp (più comunemente ChemChina) ha acquistato lo scorso anno Pirelli, quinto produttore di pneumatici al mondo, concludendo un affare da 7,1 miliardi di euro che porterà l’azienda italiana, nata 143 anni fa, nelle mani dei cinesi.

L’accordo è l’ultimo di una serie di acquisizioni fatte in Italia da parte di ricchi acquirenti cinesi che hanno approfittato di un euro debole e della lenta uscita dalla stagnazione economica per venire a fare compere nel nostro paese.

La vendita, decisa da Marco Tronchetti Provera, rappresenta l’addio di un’altra delle icone industriali italiane, dopo una serie di aziende che hanno lasciato il nostro paese per andare a fare fortuna all’estero, tra cui Fiat, che ha lasciato Torino per scegliere Detroit e diventare FCA, e Peroni, venduta qualche anno fa agli inglesi di SABMiller.

La vendita di un pezzo pregiato del nostro sistema industriale come Pirelli ad acquirenti stranieri non sarebbe un dramma in sé se il capitalismo italiano fosse stato in grado di far fronte alla concorrenza internazionale e se il governo avesse avuto una politica industriale.

L’offerta per Pirelli segna il ritorno della Cina all’interno delle imprese nazionali, e la politica italiana, ancora una volta, ha taciuto.

Il primo ministro italiano Matteo Renzi è stato insolitamente silenzioso circa questo affare, con nessun “se” e nessun “ma” che è stato sollevato da parte del Governo.

L’accordo potrebbe aiutare la Cina a sviluppare ulteriormente la sua industria automobilistica, rafforzando la posizione di Pirelli contro dei rivali più grandi come Michelin e Continental, che sono alla ricerca di investire in Asia.

Nonostante l’acquisto, la gestione aziendale di Pirelli rimarrà in Italia, su questo non c’è dubbio. Proprio questo punto è stato uno di quelli sui cui l’a.d. di Pirelli Marco Tronchetti Provera non ha mai ceduto, volendo assicurare un futuro senza problemi ai lavoratori italiani di ogni settore.

Escludendo il settore finanziario, l’Italia è il secondo mercato in Europa e il quinto nel mondo in termini di acquisizioni da parte dei cinesi. Ora bisognerebbe capire la motivazione principale di questa “spesa”: sono i cinesi che hanno tanti soldi da investire, oppure il governo che non riesce proprio a tenere all’interno dei nostri confini le aziende nostrane?

Posted on Maggio 12, 2016 by Carlo Fraccini. This entry was posted in Economia. Bookmark the permalink.
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