Come lo smart working cambierà il mercato del lavoro

Con l’emergenza sanitaria da Sars-Cov2 le aziende hanno dovuto affrontare una complessa fase di riorganizzazione delle attività produttive. Il passaggio allo smart working da fatto puramente emergenziale sta diventando col passare dei mesi una possibilità concreta sul lungo termine. Il nuovo studio condotto dall’Osservatorio Smart working della School of Management del Politecnico di Milano rivela come il lavoro agile stia assumendo col passare del tempo i connotati di una modalità lavorativa stabile.

Nella ricerca dal titolo Smart working il futuro del lavoro oltre l’emergenza, l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano racconta il mondo del lavoro investito dalla prima ondata della pandemia durante la quale oltre 6 milioni di lavoratori italiani, equivalenti ad un terzo dei dipendenti italiani, hanno sperimentato il lavoro da casa. I nuovi smart workers provenivano per il 97% da grandi aziende, per il 94% dalla Pubblica Amministrazione e per il 58% dalle Pmi.

Nel mese di Settembre i lavoratori sono parzialmente rientrati nelle sedi di lavoro portando il numero degli smart workers a circa 5 milioni.Mediamente nelle grandi aziende il lavoro agile è stato applicato per 2,7 giorni a settimana mentre nella PA per 1,2 giorni a settimana.

Lo smart working è entrato di fatto nel mondo del lavoro e ci rimarrà, secondo le stime dell’Osservatorio Smart Working coinvolgendo stabilmente 5,35 milioni di lavoratori provenienti dai settori più disparati: nella  PA gli smart workers saranno 1,48mila, nelle grandi aziende 1.72mila, 920.000 nelle Pmi e 1,23mila nelle microimprese. Tendenzialmente nelle grandi imprese.

Questa nuova organizzazione del lavoro comporterà interventi sugli spazi fisici delle aziende e la metà delle grandi aziende modificherà gli ambienti di lavoro ridimensionandoli nel 10% dei casi, ampliandoli nel 12% o differenziandoli nel 29%.  Soltanto l’11% delle organizzazioni tornerà a fine emergenza a lavorare con le tradizionali modalità mentre il 36% delle grandi imprese digitalizzerà i processi coinvolgendo nel lavoro agile nel 42% anche i profili professionali inizialmente esclusi.

Gli interventi di cambiamento coinvolgeranno nel 65% delle grandi imprese, un numero maggiore di persone e riguarderanno anche gli orari di lavoro che nel 17% dei casi verranno adattati ai nuovi progetti agili.

Anche all’interno della Pubblica Amministrazione lo smart working applicato in maniera stabile vedrà coinvolto un maggior numero di lavoratori portando la percentuale dei lavoratori agili dal 12% prima della pandemia, al 72%. I processi di digitalizzazione riguarderanno nella PA il 42% delle attività e il 48% dei nuovo progetti.

L’adozione dello smart working, seppure in forma emergenziale, ha messo in moto quella che ormai sembra essere una trasformazione irreversibile nel mercato del lavoro. 

Lo studio dell’Osservatorio Smart Working evidenzia un netto miglioramento migliorate delle competenze digitali dei lavoratori  grazie all’adozione del lavoro agile.

Le aziende accelerando i processi di digitalizzazione, ripensando i progetti in chiave smart ed estendendo il lavoro agile alle figure professionali finora escluse necessitano di forza lavoro digitalizzata. Il mercato del lavoro si apre ai lavoratori con  competenze digitali: scorrendo i numerosi annunci di ricerca del personale curati dalle maggiori agenzie di selezione e formazione come Risorse.it, emerge la crescente richiesta di lavoratori capaci di operare in autonomia col supporto delle tecnologie e di figure professionali in grado di guidare un team da remoto. 

In un futuro ormai prossimo le occasioni non mancheranno: nei prossimi tre anni secondo la stima del World Economic Forum  andranno persi a livello globale circa 75 milioni di posti di lavoro ma la trasformazione in atto creerà 133 milioni di nuove opportunità!